Soddisfazione di Confartigianato per la sentenza del Tar del Lazio.
Ma il Governo può ancora impugnare il provvedimento.
Grande attesa nei prossimi giorni, ma, ad oggi, la strada resta quella indicata dal Tar
«È una sentenza importante per il settore benessere quella con la quale il Tribunale amministrativo regionale del Lazio ha, di fatto, autorizzato gli estetisti a operare, così come avviene per gli acconciatori, anche nelle zone rosse. Una sentenza che va nella direzione di quanto più volte fortemente richiesto da Confartigianato al Governo». E' questo il commento a caldo del Presidente di Confartigianato Cremona, Massimo Rivoltini, dopo la sentenza del 16 febbraio scorso pronunciata dal Tar dl Lazio.
Si tratta certamente di un provvedimento che fa scalpore, ma sul quale grava ancora una incognita di peso: il Governo potrebbe, infatti, impugnare il provvedimento presso il Consiglio di Stato, congelandone immediatamente gli effetti.
E mentre si guarda con particolare attenzione alle mosse di Palazzo Chigi, per gli operatori oggi la riapertura diventa, in ogni caso, possibile. E si allenta la morsa delle difficoltà economiche connesse alla chiusura.
Ricostruiamo i fatti: il Tar del Lazio, con sentenza 01862 del 16 febbraio 2021, ha disposto l’annullamento della disposizione contenuta nell’art. 1, comma 10, lett. ii) del DPCM del 14 gennaio 2021 nella parte in cui, in combinato disposto con l’allegato n. 24, esclude gli “estetisti” dai “servizi alla persona” erogabili in zona rossa.
In parole povere: niente più saracinesche abbassate, ad esempio, in comuni che sono stati posti in Zona rossa, come quelli recentemente ripiombati nelle restrizioni in seguito all’ordinanza firmata dal presidente di Regione Lombardia Attilio Fontana per contenere i focolai delle varianti Covid, o che lo potrebbero diventare nelle prossime settimane.
Grande soddisfazione per Confartigianato che ha più volte ribadito l’illogica discriminazione tra acconciatori e centri estetici e che, in parallelo, ha avanzato la richiesta di modificare il Dpcm restrittivo in vigore e quello che verrà emesso dal prossimo 5 marzo. Sarebbe questo il modo migliore e più strutturale per congelare il rischio di un’impugnazione che, al momento, nessuno è in grado di escludere.
«Sin da inizio marzo 2020 - afferma RIvoltini - avevamo avviato un confronto sul tema anche con il Prefetto, evidenziato sin da allora che si trattava di un'assurda discriminazione, anche per il fatto che le imprese stavano adottando tutti i provvedimenti per la sicurezza previsti nei protocolli specifici. Oggi, possiamo dire che, a quasi un anno di distanza, le nostre ragioni hanno trovato ascolto».
La nostra Associazione si riserva di comunicare prontamente ogni eventuale aggiornamento. Ad oggi, tuttavia, la strada resta quella indicata dalla sentenza del Tar del Lazio.
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